L’ipotrofia del quadricipite si presenta spesso e in modo evidente ai nostri occhi, perché già dopo 10/12 giorni d’immobilità il muscolo dimezza il proprio  volume e con i successivi 10/15 giorni si riduce a 1/3  agganciandosi  profondamente al femore.

Tale fenomeno è meno evidente sui flessori della gamba o ischio-crurali,  perché oltre ad avere una forma e un volume non confrontabili con gli antagonisti,  presentano  sulla diasifi femorale un’unica origine nel terzo distale che appartiene al bicipite femorale.

Nella parte posteriore del femore, per tutta la diafisi anche se laterale e mediale, hanno origine il vasto, il vasto intermedio e il vasto laterale (quasi centrale).

Anteriormente i 2/3 centro laterali del femore originano solamente il vasto intermedio. Tale area sommata a quella posteriore è immensa e testimonia che il quadricipite è il muscolo più forte e suggerisce quanto sia preponderante nel condizionare, nell’abbassare e immergere con componente lateralizzante, fino a farlo aderire alla diafisi stessa del femore.

Non di meno anche gli altri vasti, avendo un’origine solo posteriore, meccanicamente non possono fare altro che aumentare e consolidare la tendenza centripeta a fasciare il femore lateralmente.

L’esempio è eclatante, ma proprio per questo può far capire fino in fondo i condizionamenti meccanici dell’ipomobilità nel tempo.

Il muscolo si accorcia, si sposta, si disassa, si abbassa in aderenza verso le proprie origini e inserzioni.

La destrutturazione è così completa da obbligarci a domande semplici e precise per il momento riabilitativo.

Lo stato dei recettori tendinei e neurofusali è tale da cambiare tutta una serie di dati a livello di sensibilità, propriocettività, ma ancor peggio, a livello di risposta agli stimoli di attività, allungamento, accorciamento, stretching, allenamento, potenziamento.

Nei muscoli dove c’è accorciamento muscolare i riflessi miotendinei sono alterati come pure le loro risposte. Il fuso neuromuscolare anch’esso compresso e schiacciato ha già alzato il proprio tono e assecondato al massimo l’accorciamento già acquisito. In queste condizioni, qualsiasi stimolo in allungamento, non fa altro che aumentare la reazione miotattico-nocicettiva, che tende a prevalere su quelle tendinee, aumentando la tensione e il dolore.

Qualsiasi stimolo in accorciamento non fa raggiungere la massima esplosione e il massimo accorciamento, ma provoca dolore o sensazione di pre-crampo.

Se questa condizione persiste, genera inspessimento e deformazione sulle parti molli su cui scarica la tensione. Il muscolo resta in una situazione elasto-meccanica che non gli consente più di raggiungere ne’ il massimo allungamento ne’ il massimo accorciamento con grosse conseguenze sulla catena muscolare e sulle articolazioni.

Non c’è movimento, non c’è postura in grado da sola di sbloccare una situazione così compromessa.

Solo la meccanica ci permette di intervenire in modo concentrato, profondo, efficace per poter rompere la tensione acquisita e iniziare un percorso di ristrutturazione delle parti.